Silvano Arieti

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(1914-1981)

SILVANO ARIETI nasce a Pisa il 28 giugno 1914.

Appena dopo essersi laureato in Medicina deve lasciare l’Italia a causa delle leggi razziali, trovando rifugio negli Stati Uniti dove completa la propria formazione in psichiatria, neurologia, psicologia e psicoanalisi.

Mantiene infatti aperta la sua ricerca in molteplici direzioni, per esempio dando pari dignità al mondo interno così come appare dal punto di vista psicoanalitico, ed al funzionamento organico cerebrale così come appare dal punto di vista delle neuroscienze.

Sostiene la cura psicodinamica dei casi gravi, anche dei pazienti affetti da schizofrenia e da gravi disturbi dell’umore, con il coraggio e la libertà intellettuale di affrontare sentieri della conoscenza su cui ben pochi avevano osato inoltrarsi, ed elabora una teoria della patologia e della tecnica psicoterapeutica che parte dalla qualità del rapporto interpersonale, esprimendo una psichiatria che, fondata sulla centralità della relazione, non vuole spegnere lo spirito bensì cogliere tutte le possibili risorse che continuano a vivere nell’individuo anche quando le ombre dell’angoscia psicotica sembrano far perdere ogni reale possibilità di contatto esistenziale, inter-umano.

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Sostenendo con passione la tesi che nella psicosi si realizzano significati umani, e coniugando la clinica con le ricerche sull’interazione di cognizione, volizione e affettività, esplora gli aspetti psicobiologici delle emozioni e delle motivazioni, integrando l’indirizzo interpersonale nei suoi studi sul Sé intrapsichico.

Da questi prende le mosse per sviluppare le sue precedenti ricerche sui meccanismi specifici del processo creativo, studiando sia le componenti psicologiche sia le condizioni ambientali e sociali che ne facilitano la comparsa.

L’ampiezza e la profondità dei contributi da lui offerti alla comunità scientifica lo rendono un riferimento imprescindibile nella storia della psichiatria, tanto più che la sua opera è così ricca di spunti di elaborazione da costituire a tutt’oggi un utile strumento nell’affrontare sia la complessità delle esperienze cliniche che il continuo evolversi di una teoria della psiche.

Arieti ha di fatto contribuito in modo determinante al rinnovamento della psichiatria e della psicoterapia italiane a partire dai primi anni ’60, in cui le sue opere furono rese disponibili in italiano, potendo così estendere un positivo influsso su almeno due generazioni di psichiatri.

Muore a New York il 7 agosto 1981.

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